L’insostenibile leggerezza dello “Skip”: Un’odissea sonora che sfida la dittatura dell’algoritmo

Di Leandro Vianna
Critico Musicale Senior, Editoriale Musica & Tecnologia per Roadie Metal

Un’Odissea Sonora

In un’epoca in cui la soglia dell’attenzione è scesa sotto i sette secondi e i produttori tagliano i ritornelli per incastrarli nelle logiche frenetiche di TikTok, pubblicare un brano che supera abbondantemente gli otto minuti non è solo una scelta artistica: è un atto politico. È una dichiarazione di guerra.

Ho passato le ultime ore immerso nel file audio del nuovo lavoro di Ricky Guariento e Michiko Funakoshi, e la prima cosa che colpisce non è una singola melodia, ma la mole dell’opera. Siamo di fronte a una struttura che rifiuta la forma canzone strofa-ritornello in favore di una narrazione lineare, quasi cinematografica. L’intento dichiarato è una crociata contro gli algoritmi di streaming, quelle entità digitali che premiano la brevità e la ripetizione. Ma la domanda che ogni critico deve porsi è: la musica sostiene il peso di questa ambizione?

La risposta, sorprendentemente, è un sì convinto, anche se non privo di asperità.

Ricky & Michiko

Analisi Tecnica e Strutturale

Il brano si apre con un incipit pianistico (0:00 – 0:45) che funge da “filtro all’ingresso”. È delicato, con una progressione armonica che ricorda il prog-rock anni ’70, ma con una pulizia sonora moderna. È una trappola: chi cerca l’hook immediato se ne andrà qui. Chi resta, viene investito dall’entrata della band.

L’ingresso della sezione ritmica e delle chitarre segna il passaggio al Symphonic Power Metal. Qui la tecnica di produzione è notevole. Nonostante la densità dell’arrangiamento – sentiamo strati di tastiere, un coro sintetico (o campionato) che riempie lo spettro delle frequenze medio-alte e chitarre distorte ritmiche – il mix mantiene una certa chiarezza.

La sezione centrale è un compendio di virtuosismo. C’è un uso sapiente della doppia cassa, che non si limita a tenere il tempo ma accentua le dinamiche dei riff di chitarra. Gli assoli (sia di synth che di chitarra) sono eseguiti con perizia tecnica ineccepibile: scale veloci, sweep picking e armonizzazioni terzinate che strizzano l’occhio ai maestri del genere (Dream Theater, Stratovarius).

Notevole il rallentamento verso i 3/4 del brano: una breakdown melodica che permette all’ascoltatore di respirare prima del climax finale. Questa gestione della dinamica è ciò che giustifica la lunghezza: il brano non è un loop allungato, è un viaggio con picchi e valli.

Punti di Forza (The Highs)

  1. Coerenza Narrativa: Nonostante la lunghezza, il brano non sembra un collage di idee diverse incollate a forza. I temi melodici ritornano, variati e ri-arrangiati, dando un senso di unità all’opera.
  2. Il Coraggio dell’Arrangiamento: La fusione tra l’elettronica dei synth (che a tratti ricordano le colonne sonore sci-fi anni ’80) e la pesantezza del metal è gestita con gusto. Non suona datato, ma “retro-futurista”.
  3. La “Resistenza” all’Ascolto Passivo: Questo pezzo costringe l’ascoltatore a sedersi. Non può essere musica di sottofondo. In un mondo di background noise, chiedere attenzione attiva è il più grande pregio del brano.

Punti Deboli (The Lows)

  1. Rischio di Saturazione: In alcuni passaggi (specialmente durante i picchi orchestrali uniti ai soli di chitarra), lo spettro sonoro è talmente saturo che si perde un po’ di “aria”. Un mix leggermente più dinamico, con meno compressione sul master bus, avrebbe giovato alla grandiosità del pezzo, evitando quella leggera fatica d’ascolto (ear fatigue) verso il minuto 8.
  2. L’Auto-indulgenza: È il tallone d’Achille del genere. Ci sono momenti, specialmente nelle sezioni soliste, in cui la tecnica sembra prendere il sopravvento sull’emozione. Per il musicista è un godimento, per l’ascoltatore medio potrebbe risultare un esercizio di stile un po’ freddo.
  3. L’Assenza di un “Gancio” Vocale Immediato:Se l’obiettivo è la crociata contro lo streaming, missione compiuta. Ma l’assenza di un motivo vocale centrale (o di uno strumento che lo sostituisca in modo iconico nei primi minuti) rende l’ingresso nel brano una barriera molto alta. È una scelta coerente, ma rischiosa.

Verdetto

Questo brano è un monolite. Si erge contro la corrente del consumo “liquido” come uno scoglio. Tecnicamente ineccepibile, strutturalmente complesso e ambizioso.
Non finirà nelle playlist “Indie World” o “Viral 50”, e questo è esattamente il punto. È un pezzo per chi ama il disco fisico, per chi legge i crediti di copertina, per chi crede che la musica debba richiedere tempo per restituire emozione.

La “crociata” è vinta? Forse non cambierà l’industria, ma offre un rifugio sicuro a chi cerca ancora l’epica nella musica.

Voto: 8/10
Per fan di: Dream Theater, Helloween, colonne sonore epiche, e chiunque odi il tasto “Shuffle”.