„Symphonic Reverie“, libertà creativa e il potere della resistenza
Pubblicato il 18 Ottobre 2025
L’artista visivo e polistrumentista italiano Ricky Guariento ha raccontato a Philipp Gottfried di Metal-FM la storia dietro “Symphonic Reverie”, un viaggio sonoro di 8 minuti e 32 secondi che manda affanculo le regole dello streaming moderno. In questa intervista, Ricky svela il processo creativo, la collaborazione internazionale con la batterista giapponese Michiko, e quella filosofia di resistenza artistica che è l’anima del RickyVerso. Si parla di integrità creativa, del rifiuto totale degli algoritmi, e della passione viscerale per il Progressive Metal autentico.
🎵 Ascolta “Symphonic Reverie”
Otto minuti di viaggio sonoro tra Progressive e Symphonic Metal
🎧 Un tributo alle grandi suite progressive.
Lasciati trasportare prima di leggere l’intervista.
Philipp: Ricky, “Symphonic Reverie” dura oltre otto minuti: una scelta coraggiosa nell’era dello streaming. Cosa ti ha spinto a ignorare le aspettative algoritmiche e a creare una composizione così lunga?
Ricky: Otto minuti non sono nulla se li paragoni alle leggendarie suite del Progressive Rock: “Supper’s Ready” dei Genesis, “Close to the Edge” degli Yes, “Thick as a Brick” dei Jethro Tull. Ricordo quando da adolescente infilavo le cuffie e mi perdevo in questi viaggi sonori infiniti. “Symphonic Reverie” è il mio piccolo tributo a quelle spedizioni musicali che semplicemente non puoi comprimere in tre minuti. Ma c’è di più: dovevo fare qualcosa di folle, oltre ogni logica. Dovevo smettere di preoccuparmi degli algoritmi, delle opinioni, dell’accettazione. È stato un regalo che ho fatto a me stesso.
Philipp: Hai detto che questa pubblicazione è un regalo di compleanno. Che significato personale ha per te?
Ricky: Ho iniziato a lavorarci l’anno scorso, per i miei 50 anni. Fino a quel momento, in tutte le mie produzioni e anche nei progetti con le band locali, c’era sempre un compromesso. Ho capito che era arrivato il momento di mostrare al mondo chi è davvero Ricky Guariento, nel bene o nel male. Nessun filtro, nessun adattamento. Solo io.
Philipp: Il brano fonde Progressive e Symphonic Metal. Come fai a mantenere la profondità emotiva mentre esplori strutture tecniche complesse?
Ricky: Per me la tecnica non è mai il fine: è il mezzo. Ogni nota, ogni cambio ritmico, ogni variazione melodica in “Symphonic Reverie” è stata pensata per servire il viaggio emotivo. La complessità senza emozione è solo rumore. Voglio che chi ascolta senta, non che ammiri solo l’abilità tecnica.
Philipp: La tua collaborazione con Michiko attraversa 10.000 chilometri tra Italia e Giappone. Qual è stato l’aspetto più sorprendente di questo lavoro a distanza?
Ricky: Lavoriamo insieme da tre anni, da quando il nostro amico comune Michal Dijkstra ci ha presentati e abbiamo fondato il progetto 80 Hundred Miles. La cosa che mi stupisce di più di Michiko è come questa minuscola batterista giapponese picchi la batteria con una potenza e una ferocia incredibili! Ma la cosa più importante: abbiamo una telepatia musicale, nonostante la distanza, le culture diverse, la differenza d’età. Probabilmente abbiamo lo stesso sangue metallico nelle vene! Quando le ho mandato i primi riff, ha detto subito “Sì”, prima ancora che finissi di spiegare. Aveva già capito tutto.

Philipp: Hai detto che l’IA è stata solo un ponte, non un partner creativo. Dove tracci il confine tra arte umana e supporto tecnologico?
Ricky: L’IA è uno strumento, un esecutore, non un partner creativo. L’ho usata per velocizzare il mixaggio: decine di frammenti brevi da allineare, sincronizzare, coordinare. Sarebbe stato folle non usare strumenti che semplificassero il processo. Ma il processo creativo, le decisioni, l’anima del lavoro: quello è tutto umano.
Philipp: Come artista ispirato dal chiaroscuro di Caravaggio, pensi al suono in termini di luce e oscurità? Come influenza questo la tua narrazione musicale?
Ricky: C’è un’espressione che adoro: “sonic painting”, pittura sonora. La mia passione per l’arte e la fotografia mi aiuta tantissimo in questo. Quando compongo, penso in termini di luce e ombra: questa sezione è buio, qui la luce esplode. Per esempio, il mio brano precedente “Doomsday” è stato costruito interamente su visualizzazioni. “Symphonic Reverie” è la stessa cosa: contrasti, drammaticità, cambi improvvisi di tono e intensità. È pittura sonora.
Philipp: Il titolo “Symphonic Reverie” evoca qualcosa di onirico. Che viaggio mentale o emotivo volevi creare per chi ascolta?
Ricky: Il titolo dice tutto: volevo creare una fantasticheria, un sogno ad occhi aperti. Non un viaggio lineare, ma un posto dove ognuno può perdersi e ritrovarsi. Volevo evocare quella sensazione che provi poco prima di addormentarti, quando realtà e fantasia si confondono e ogni suono diventa una storia. Se anche solo per qualche minuto dimentichi dove sei e semplicemente viaggi, nella mente o nel cuore, allora ho fatto il mio lavoro.
Philipp: Molti artisti oggi inseguono la viralità invece della visione. Cosa significa per te l’integrità artistica quando gli algoritmi sembrano dettare il gusto?
Ricky: Molti anni fa, anche se ne ho avuto l’occasione, ho rinunciato alla carriera musicale professionale. “La tua musica è interessante, ma…”, “Ok, ti produco, però facciamo qualcos’altro…”, “Dimentica quella roba, hai una bella voce…” E adesso dovrei farmi guidare da un algoritmo? Nessuna possibilità. Mi sono già rifiutato di scendere a compromessi quando me lo chiedevano gli esseri umani; perché dovrei inchinarmi a un pezzo di codice? Integrità artistica significa restare fedele alla tua visione, anche quando nessuno ti ascolta. Soprattutto in quel caso.
Philipp: Riunisci diverse identità creative: il lavoro solista, la produzione di colonne sonore, gli 80 Hundred Miles e il progetto Cohors Petrae. Come si influenzano questi progetti?
Ricky: E questi sono solo i più recenti! Solo alcune delle tante facce. Ho sperimentato di tutto, dal Jazz al Flamenco, dalla musica classica all’Electro-Pop, e spesso ho mescolato tutto cercando qualcosa di nuovo. Non mi piace definirmi. Ho sempre bisogno di nuovi stimoli, nuove avventure, ma alle mie condizioni. Come si influenzano? Direi che si fondono più che influenzarsi. Sono tutti parte dello stesso impulso creativo irrequieto.
Philipp: La tua citazione “Vivere è creare, e creare è smettere di non vivere più” suona molto filosofica. Come vivi questa idea nel quotidiano?
Ricky: Vivo in una costante urgenza creativa, ogni momento della giornata. Non so spiegarlo, ma quando mi sveglio la mattina ho già idee per un fumetto, una storia, un brano, una foto che voglio scattare. E durante la giornata, ogni piccola cosa – un gesto, una situazione, una frase – può diventare fonte d’ispirazione. È come se le mie antenne fossero sempre accese. La creazione non è qualcosa che pianifico: è il modo in cui respiro.
Philipp: Una composizione strumentale significa raccontare senza parole. Come ti assicuri che l’emozione e la narrazione arrivino comunque?
Ricky: Sperimento le emozioni su me stesso. Scrivo quello che voglio “sentire” quando ho bisogno di ascoltare qualcosa che trasmetta proprio quell’emozione. Compongo per l’ascoltatore che è in me e confido che gli altri ci trovino il proprio significato. Poi… ognuno può sentirla come gli ha insegnato la sua storia. Questo è il bello della musica strumentale: lascia spazio all’interpretazione.
Philipp: Che ruolo hanno il silenzio o la moderazione nella tua musica, specialmente in un genere che spesso celebra intensità e complessità?
Ricky: Il silenzio può essere più potente del caos che lo circonda. Può essere il respiro di cui hai bisogno quando scappi da qualcosa che fa paura. Può essere il momento di calma dopo un’emozione forte. Può essere la pausa per raccogliere i pensieri prima di continuare un lungo viaggio. Senza silenzio, l’intensità perde significato. È il contrasto che dà forza a entrambi.
Philipp: Il Progressive Metal è sempre stato un genere in evoluzione. Dove pensi che risieda la prossima ondata di innovazione?
Ricky: Paradossalmente, penso che il futuro del Prog Metal stia in un ritorno alle origini. Dopo anni di superiorità tecnica e auto-ammirazione, c’è un ritorno a un Prog più emotivo. Band come Haken e Caligula’s Horse sono esempi di come l’emozione non vada sacrificata alla tecnica. La prossima ondata non nascerà dal suonare più veloce, ma dal sentire più profondamente.
Philipp: La collaborazione con Michiko unisce anche due culture. Questa esperienza ha cambiato la tua visione del ritmo, del timing o dell’energia?
Ricky: A essere onesto: Michiko, pur avendo metà dei miei anni, ha tirato fuori esattamente quello che c’era in me. È stata sintonia totale su tutti i livelli. Parlavamo la stessa lingua musicale. La cultura non ha avuto importanza. L’età non ha avuto importanza. Quando due musicisti condividono lo stesso sangue metallico, la geografia diventa irrilevante. Lei ha capito cosa mi serviva prima ancora che finissi di spiegare.
Philipp: Hai creato il tuo universo artistico: il “RickyVerso”. Come collega questo concetto musica, immagini e narrazione?
Ricky: “RESISTENZA” è la parola che collega tutto. Resistenza contro l’ignoranza, l’odio, la crudeltà, le bugie e la falsa libertà. Voglio rendere visibile quello che le persone non vogliono vedere. Voglio dare un’opportunità a chi la pensa come me, a chi non ha paura di fermarsi e ascoltare musica per quasi nove minuti. A chi non si limita a sopravvivere seguendo il gregge, ma vuole essere la pecora nera. Il RickyVerso è un rifugio per gli irrequieti, gli insoddisfatti, i vigili.
Philipp: Essendo commerciale per un’azienda che si occupa di acciaio di giorno e musicista di notte, trovi contrasti o parallelismi tra struttura aziendale e libertà artistica?
Ricky: Direi che sono due vite parallele che a volte si intersecano. Anche nel mondo del business, oggi, creatività e capacità di distinguersi sono essenziali. E spesso uso la mia musica per le campagne di marketing della InoxTubi, così risparmio sui diritti d’autore (ride). Ma sul serio: entrambi i campi richiedono disciplina, visione e coraggio di rischiare. La differenza è: nel business negozi con i clienti. Nella musica negozi con te stesso. E comunque, l’acciaio inossidabile è sempre… Metallo!
Philipp: Ogni atto creativo comporta rischi: artistici, emotivi, anche finanziari. Quali rischi hai corso con “Symphonic Reverie”?
Ricky: Il viaggio emotivo è stato intenso: alti e bassi tra euforia ed esaurimento. Ci sono stati momenti in cui non vedevo più l’obiettivo, ed era deprimente. Il rischio più grande era creare qualcosa che non interessasse a nessuno. Ma, onestamente? Non me ne fregava. Il complimento più bello che ho ricevuto è stato: “Non ti riconosco più. Questo non suona come te”. Missione compiuta. Significa che il vero Ricky è finalmente venuto fuori.

Philipp: Se “Symphonic Reverie” fosse un’installazione artistica immersiva, come immagineresti lo spazio, le luci, le texture, l’atmosfera?
Ricky: Immagino uno spazio come una cattedrale gotica, come quella sulla copertina dell’album. Volte alte, colonne di pietra. La luce parte dall’oscurità, poi lentamente si accendono raggi caldi color ambra da dietro, proiettando lunghe ombre. Con l’intensificarsi della musica, la luce pulsa e cambia: toni blu freddi nei passaggi tranquilli, oro incandescente e rosso profondo nelle sezioni pesanti. Le texture sarebbero pietra fredda in contrasto con l’illuminazione calda, esattamente come l’opposizione tra silenzio e caos nella musica stessa. Voglio che le persone si sentano contemporaneamente piccole e potenti. Circondate da qualcosa di antico ma pieno di energia nuova.
Philipp: Per concludere, quale messaggio o emozione vuoi che gli ascoltatori portino con sé dopo l’ultima nota?
Ricky: Semplicemente… che abbiano viaggiato con me. E qualunque emozione rimanga, spero che resti per un po’. Non persa nel prossimo scroll.
Trovi l’intervista originale su Metal-FM.com

