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  • Quando i migliori tacciono

    Quando i migliori tacciono

    Yeats, più di un secolo fa, scriveva parole che oggi sembrano scolpite per noi: “I migliori difettano d’ogni convinzione, i peggiori sono colmi d’appassionata intensità.”

    Non è solo poesia, è una diagnosi. È la radiografia di un mondo che sembra ribaltato, dove la ferocia ha voce squillante e la bontà resta sussurrata.

    Il problema non è solo che “i peggiori” esistano. Ci sono sempre stati. Il vero dramma è che i migliori spesso esitano, dubitano, restano ai margini. Forse per pudore, forse per paura di non essere all’altezza, forse perché la bontà non ha lo stesso fascino del clamore.

    Così, mentre il male brucia con fiamme alte e spettacolari, il bene rimane brace sotto la cenere.

    Ma il mondo non si salva con le braci nascoste. Il mondo ha bisogno di incendi buoni, di convinzione che arda, di passioni che illuminino.

    La sfida non è diventare come i peggiori, non è imitarne la violenza. È imparare da loro la lezione dell’intensità. Se il male avanza con ferocia, il bene deve rispondere con ostinata bellezza, con la stessa forza, con la stessa determinazione.

    C’è un paradosso feroce: chi sparge odio si sente subito vittima non appena viene messo in discussione. Piange, accusa, trasforma chiunque non la pensi come lui in un nemico da abbattere, senza distinzioni.

    È il segno della loro fragilità. I peggiori hanno paura della reazione, hanno paura di chi non ha paura di loro. Non sanno reggere l’indifferenza, e ancora meno sopportano il rifiuto di odio e violenza.

    Essere buoni non significa essere deboli. Significa scegliere di non arrendersi al cinismo, di continuare a credere quando tutti ridono della fede, di custodire la gentilezza come un’arma segreta. È un atto rivoluzionario, perché va controcorrente.

    Uno non vale uno. Ci sono i migliori e ci sono i peggiori.

    Ma non basta riconoscerlo: i migliori devono smettere di nascondersi. Devono imparare ad avere la stessa voce squillante, la stessa passione viscerale. Devono imparare a sopravvivere e, soprattutto, a resistere.

    Perché se i migliori trovano la loro intensità, allora sì che il centro potrà tornare a reggere.