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  • IAIA NON ESISTE: COME HO CREATO UNA INFLUENCER AI (E PERCHÉ DOVREBBE PREOCCUPARCI)

    Iaia

    Lei è Iaia. È mia… “figlia”. È un Frankenstein moderno che griglia pancetta e costine alla Sagra del Folpo. Con un piccolo dettaglio: Iaia non esiste.

    Non è una persona reale. Non ha mai toccato una griglia. Non ha mai indossato quel cappello da cowboy. Iaia è un’intelligenza artificiale che ho creato in due ore per promuovere la nostra bettola Ranch durante la Sagra del Folpo. E quasi tutti ci sono cascati.

    La Storia di un Inganno Involontario

    Partiamo dall’inizio. Il Ranch è la nostra bettola, le nostre griglie sono un punto di riferimento della sagra. Serviva un po’ di marketing, qualcosa di fresco per attirare gente. L’idea era semplice: creare un volto simpatico, una “influencer” che invitasse le persone a venire. Una bella ragazza attira sempre, inutile negarlo. Ma io non volevo fermarmi al banale: volevo fare un esperimento. Lo trovi qui: https://www.facebook.com/reel/1881876332368403

    Il risultato ha superato ogni aspettativa. Il video in cui Iaia dice “Vi aspetto questa sera al Ranch, anche se piove” è diventato virale nel nostro territorio. Migliaia di visualizzazioni, commenti, la gente che chiedeva chi fosse, dove trovarla.

    Reazioni WhatsApp al video virale di Iaia influencer virtuale
    Un messaggio significativo!

    NO, Non L’Ho Fatta con ChatGPT
    La prima domanda che tutti mi hanno fatto: “L’hai fatta con ChatGPT?” La risposta è: assolutamente no. Non ho nemmeno aperto ChatGPT. Questo è il punto cruciale che molti non capiscono: creare un’intelligenza artificiale credibile non significa digitare un prompt e premere invio. Serve competenza, visione artistica e tempo. Molto tempo.

    Ecco il workflow completo che ho seguito per creare Iaia:

    1. Apple Photos – Ho iniziato con la foto dello spazio reale: le griglie del Ranch durante la sagra. Prima operazione: rimuovere persone dallo sfondo per avere una base pulita su cui lavorare.

    2. Pixelmator – Post-produzione fotografica. Regolazione dei contrasti, bilanciamento dei colori, preparazione della scena per accogliere un elemento che tecnicamente non esiste ma deve sembrare appartenere a quel contesto luminoso.

    3. Google Imagen Flash 2.5 – Qui la magia (o l’orrore, dipende dal punto di vista). Generazione del personaggio di Iaia. Non è stato un colpo di fortuna: ci sono voluti 7-8 tentativi per trovare “la giusta Iaia”, quella che avesse l’espressione, la postura, il look che cercavo. Cappello da cowboy, camicia a quadri, salopette. Il look perfetto per una sagra.

    4. VEO 3.1 – Creazione del movimento. Iaia doveva sembrare viva, non una foto statica. VEO 3.1 è uno strumento di Google Labs che permette di animare immagini con un realismo impressionante. Movimento degli occhi, micro-espressioni facciali, gestualità naturale.

    5. Flow di Google Labs – Generazione del video finale con sincronizzazione labiale perfetta. Qui il lavoro diventa chirurgico: ogni frame deve essere coerente con l’audio.

    6. Logic Pro – Sound design e registrazione voce. Ho curato gli effetti sonori, la voce di Iaia (sì, è AI anche quella), il tono caldo e accogliente che doveva avere.

    7. CapCut – Creazione dei testi mobili. Quei sottotitoli dinamici che rendono il video più accattivante e accessibile anche senza audio.

    8. Final Cut Pro – Montaggio finale. Messa insieme di tutti gli elementi: video, audio, testi, transizioni. L’ultimo tocco per rendere tutto credibile e fluido.

    Due ore di lavoro per otto secondi di video. Questa è la differenza tra un prompt pigro lanciato su un’app qualsiasi e un risultato che inganna la realtà. Non è questione di tecnologia accessibile: è questione di competenza, visione artistica e impegno. L’AI è uno strumento, ma il creatore fa ancora la differenza.

    Quando L’AI Invade il Tuo Spazio Reale

    C’è un motivo se la reazione è stata così forte. Come ho detto, ormai tutti siamo assuefatti ai contenuti AI sui social: influencer virtuali con milioni di follower, avatar perfetti che pubblicizzano prodotti, deepfake più o meno innocui. Li scrolliamo, forse ci fermiamo un secondo, poi andiamo avanti. Sono lontani, astratti, appartengono al mondo digitale.

    Iaia influencer AI creata con intelligenza artificiale alla griglia del Ranch

    Ma Iaia era diversa. Iaia era alle nostre griglie, alla nostra bettola, alla nostra sagra. Era nella dimensione fisica e sociale che conosciamo, frequentiamo, consideriamo “casa”. Non era un esperimento distante: era un personaggio inesistente introdotto nella nostra quotidianità reale. E questo ha generato uno shock cognitivo diverso.

    Penso che per molti sia stata la prima volta che si sono resi conto delle reali possibilità dell’intelligenza artificiale. Non più un gioco da smanettoni o un fenomeno da tech-bro californiani. Ma qualcosa di concreto, tangibile, che può entrare nei tuoi spazi, nelle tue relazioni, nei tuoi ricordi. Se Iaia può sembrare reale alla Sagra del Folpo, cosa impedisce a qualcun altro di creare personaggi inesistenti in contesti ben più delicati?

    Frankenstein Ride Again

    Ho creato Iaia per fare marketing. Per attirare gente, per fare una cosa simpatica, per sperimentare con strumenti che trovo affascinanti. Ma sotto la superficie ironica c’era anche un altro obiettivo: dare un monito sulle implicazioni etiche di queste tecnologie.

    Iaia è innocua. È una ragazza sorridente che invita le persone a mangiare costicine sotto la pioggia. Ma la tecnologia che l’ha creata è la stessa dei deepfake dannosi: video falsi di politici che dicono cose mai dette, truffe elaborate con volti clonati, pornografia non consensuale, disinformazione su scala industriale. Non serve ChatGPT. Servono competenze, tempo, intenzione. E io ho dimostrato che con due ore di lavoro puoi ingannare centinaia di persone che ti conoscono, che conoscono i tuoi spazi, che si fidano.

    La linea tra creatività e manipolazione è sottilissima. Oggi ho creato un’influencer per vendere salsicce. Domani qualcuno può creare testimoni inesistenti per un processo, amici falsi per truffe sentimentali, politici clonati per propaganda. La tecnologia non ha morale: siamo noi a decidere come usarla. E il problema è che la maggior parte delle persone non sa nemmeno che tutto questo sia possibile.

    Frankenstein di Mary Shelley non era un monito contro la scienza. Era un monito contro la scienza senza responsabilità. Victor Frankenstein crea la vita e poi abbandona la sua creatura, rifiutandosi di affrontare le conseguenze. Iaia è la mia creatura, il mio Frankenstein moderno. E a differenza di Victor, io voglio che tutti sappiano che esiste, come è stata fatta, e cosa significa.

    La Domanda Che Resta

    Alla fine, ho svelato il mistero. Iaia non esiste. Ma quante altre “Iaie” ci sono là fuori che nessuno ha svelato? Quanti volti, voci, storie che crediamo reali sono in realtà costruzioni digitali accuratamente progettate? Quante volte abbiamo già creduto a qualcosa di falso senza saperlo?

    Ho creato Iaia per fare marketing. Ma anche per farvi chiedere: e se la prossima volta non foste così fortunati da scoprire la verità?

    Benvenuti nell’era in cui la bellezza si può creare. Ma anche la menzogna.

    Cerco la bellezza, ovunque. E se non la trovo, la creo. Anche quando non esiste.