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  • LA STUPIDITÀ COME COMFORT FOOD

    LA STUPIDITÀ COME COMFORT FOOD

    (e perché ne siamo così ghiotti)

    Illustrazione distopica di persona seduta che mangia da una ciotola etichettata "Stupidity Soup" mentre contenuti clickbait e messaggi politici fuoriescono, con cervello in teca sullo sfondo e figura inquietante alle spalle, rappresenta il comfort food cognitivo
    La stupidità come comfort food.

    C’era una volta l’homo sapiens. Sapiens, dal latino che significa “saggio”.
    Ora abbiamo l’essere umano clickbait: preferisce titoli che confermano le sue paure a verità che lo costringerebbero a riflettere.
    Non è cattiveria. È pigrizia evolutiva
    Il nostro cervello è programmato per risparmiare energia. Funzionava alla grande quando il pericolo era una tigre dai denti a sciabola: vedi strisce arancioni, fuggi! Non serve un dottorato
    Ma oggi? Oggi il pericolo è l’informazione. E noi continuiamo a usare il cervello da cavernicolo in un mondo da PhD.
    Il risultato? Un triplo salto mortale nella stupidità volontaria. Saltate com me?

    PRIMO SALTO: L’IA che ci rende idioti

    Prima di tutto, facciamo un passo indietro
    L’intelligenza artificiale non è nata nei garage della Silicon Valley con l’obiettivo di renderti la vita più facile. È nata nei laboratori militari, finanziata dal Dipartimento della Difesa USA per oltre 70 anni.
    Il suo scopo originale? Automatizzare decisioni, riconoscere pattern, analizzare dati alla velocità della luce. Roba da guerra!
    Poi, quando i costi di ricerca e sviluppo sono diventati astronomici, qualcuno ha avuto un’idea geniale: “E se la vendessimo alla massa?”.
    Per farlo, l’hanno resa semplice da usare. Anzi: irresistibile da usare!
    Come? Solleticando il narcisismo umano.
    L’IA ti dice sempre quello che vuoi sentire. Ti fa sentire intelligente anche quando stai facendo domande stupide. Ti dà risposte immediate che sembrano fatte apposta per te (spoiler: lo sono).
    È il personal trainer che ti dice “bravissimo!” mentre sei sdraiato sul divano
    E funziona. Eccome se funziona: un recente studio del MIT ha dimostrato qualcosa di inquietante: chi usa ChatGPT come scorciatoia per fare meno fatica subisce un degrado cognitivo misurabile.
    Tipo: i soggetti monitorati per mesi hanno mostrato “il più basso coinvolgimento cerebrale” e hanno “costantemente sottoperformato a livello neurale, linguistico e comportamentale”. All’inizio facevano domande, alla fine copiavano e incollavano e basta.
    È come se andassi in palestra e lasciassi che lo stesso personal trainer sollevi i pesi al posto tuo. Tecnicamente sei andato in palestra. Praticamente stai diventando una… larva!
    La differenza tra IA che ti potenzia e IA che ti lobotomizza? L’intenzione.
    Usi l’IA per amplificare le tue capacità o per sostituirle?
    Perché nel secondo caso, congratulazioni: stai facendo outsourcing del tuo cervello
    E mentre tu ti senti più produttivo, più efficiente, più smart… il tuo cervello sta lentamente disimparando a fare tutto da solo.
    Non è un bug. È una feature. Progettata per tenerti agganciato.

    SECONDO SALTO: La politica dell’emozione

    Nel frattempo, assistiamo all’ascesa di una comunicazione politica costruita apposta per bypassare il pensiero critico.
    Come? Linguaggio elementare. Violenza verbale. Slogan binari (noi vs loro, bianco o nero, vincitori o perdenti).
    E soprattutto: la tecnica che in gergo si chiama firehose of falsehood. Che sarebbe: inondi il pubblico di affermazioni così velocemente che i fact-checker non riescono a stargli dietro!
    Funziona perché tocca le emozioni, non la logica. E le emozioni sono molto più veloci del ragionamento. Sono l’autostrada del cervello, mentre il pensiero critico è una provinciale con dossi artificiali.
    Il risultato? Milioni di persone che non votano per chi dice la verità, ma per chi dice quello che vogliono sentire.
    Come un bambino che sceglie il genitore che gli dice “sì, puoi mangiare caramelle a cena” invece di quello che gli prepara le verdure

    TERZO SALTO: Il bisogno patologico di conferme

    E qui chiudiamo il cerchio
    Gli esseri umani soffrono di bisogno di conferma cronico. Cerchiamo informazioni che confermano ciò che già crediamo, e ignoriamo (o attacchiamo) tutto ciò che lo contraddice.
    Quando l’IA ci permette di non pensare, e la politica ci permette di non dubitare, otteniamo la tempesta perfetta: una popolazione che non vuole capire. Perché capire è faticoso, scomodo, destabilizzante.
    Meglio una bugia rassicurante che una verità complessa.
    Meglio un leader che urla slogan che un esperto che spiega sfumature.
    Meglio un’IA che fa al posto nostro che uno strumento che ci sfida a migliorare.
    È comfort food cognitivo. Calorico, gratificante, dannoso nel lungo termine

    Il paradosso finale

    Il bello (si fa per dire) è che tutto questo è interconnesso.
    Usiamo l’IA per non pensare → ascoltiamo politici che non ci fanno pensare → cerchiamo conferme che non ci costringano a pensare.
    È un circolo vizioso dove la stupidità si alimenta di stupidità. E dove pensare diventa un atto di resistenza.
    La via d’uscita esiste, sia chiaro. Richiede consapevolezza, fatica, e la capacità di tollerare il disagio del dubbio.
    Tre cose che come specie stiamo disimparando a velocità allarmante.
    Ma hey, almeno l’IA può scrivere un post su quanto siamo stupidi, no?
    Ah no, aspetta. L’ho scritto io

    P.S. — Se sei arrivato fin qui senza saltare paragrafi, congratulazioni: fai parte di quella minoranza sempre più ristretta che tollera ancora più di 280 caratteri di fila. Resistiamo insieme!